Guido Lodigiani
Scaglie di luce tra le pieghe dell’anima
Guido Lodigiani è un razionale con il vizio della passione. Uno spirito rigoroso, ordinato, lucido che però, nel momento della creazione, lascia che dall’ordine irrompa la forza indomabile dell’Es. Il suo studio appare a prima vista come un susseguirsi di ambienti sorprendentemente organizzati, depositi dove le opere o forse sarebbe meglio dire le creature sono conservate suddivise per gruppi tematici e cronologici. Ma poi si arriva al cuore dell’atelier, alla fucina, e la sensazione è quella di un terremoto emotivo. Lì, nella grande stanza dove l’artista si trova a tu per tu con il corpo della modella, quel corpo così imprescindibile per il suo creare, l’odore forte della cera fusa suggerisce un’atmosfera irrealmente mistica. La gigantesca tela macchiata di cera rossa, alla parete, sembra racchiudere, in quell’eruzione di colore gestuale, tutte le emozioni che in quello spazio sono state vissute: i dialoghi tra l’artista e la donna che ha deciso di ritrarre, le loro affinità e i loro fraintendimenti, l’armonia e i litigi violenti, l’inevitabile momento di stanca e l’ineffabile magia dell’attimo creativo. Si gioca tutto dentro quelle emozioni, il lavoro di Guido Lodigiani. Lui è un maestro nell’indagare la forma del corpo femminile, nel tradurla in superfici di bronzo lucente attraverso calcoli rigorosissimi e nel ricostruirla poi, come un architetto, sulle impalcature leggere che la sostengono. Ma senza quelle emozioni per lui la forma, ancorché perfetta, rimarrebbe mero contenitore. ?Sentimenti, emozioni, sogni, aspirazioni, confidenze, paure. Sono quelle a dare potenza al corpo, raccontato per piani scivolanti l’uno sull’altro, colto nell’attimo perfetto di un passo di danza, di un gesto estremizzato o al culmine dell’atto d’amore. L’epidermide sembra staccarsi, sfuggire alla costrizione della materia e lasciare intravedere così qualcosa di interiore e potentissimo che fino a un momento prima potevamo solo accontentarci di intuire. Possiamo chiamarlo anima, spirito, divinità, ma quello che l’artista vuole che non dimentichiamo è la sua radice terrena. Il suo essere al tempo stesso purezza ma anche carne e sangue. Qualcosa che non esisterebbe se non esistesse il corpo, quel preciso corpo, con il suo bagaglio unico di sentimenti e sensazioni.?Per questo Guido Lodigiani non lavora mai in astratto, ma sempre solo con le sue modelle: lunghe sedute che durano settimane, mesi, e che danno vita a interi cicli di opere. Dalla modella non prescinde nemmeno per i disegni. E lì, dove i vincoli della ragione si fanno più fragili, la passionalità irrompe sfrenata, riportando fedelmente sulla carta il termometro delle emozioni. Pochi segni di grafite, limpidissimi, oppure graffi di pastello nero, viola, verde, o ancora grovigli di grigio, nuvole scure attraverso le quali il disegno quasi fatica a comparire. E la forma lotta per non soccombere alla forza brutale e travolgente del gesto.
Alessandra Redaelli