Anselmi-Bianchini
Il grido ruvido della materia
Apparentemente diversissimi tra loro, i lavori di Monica Anselmi e Luigi Bianchini hanno in sé un identico approccio emotivo nei confronti della realtà. Dalle opere di entrambi gli artisti sembra levarsi un grido ruvido, una sorta di allarme, come la premonizione di un evento non necessariamente tragico, ma certamente epocale. Monica Anselmi lavora per aggiunte e sottrazioni. I suoi quadri rispecchiano la vicenda emotiva di uno spirito ricco e inquieto, affascinante e contraddittorio, mai definitivamente appagato e in costante lotta con se stesso. Sono opere sofferte, da guardare lentamente e da conquistare palmo a palmo, sulle quali si incontrano – e si scontrano – elementi pop e suggestioni dal Nouveau Réalisme, icone classiche e gesti rubati al graffitismo metropolitano, immagini di realismo fotografico e abbozzi incerti, volutamente non finiti. La figura femminile emerge come un’icona dalla bellezza spesso graffiata, o negata da un improvviso colpo di pennello, quasi a simboleggiare una femminilità in bilico – proprio come sta accadendo oggi – tra emancipazione e tragico ritorno al ruolo di bambola senza dignità. I colori freddi, lividi, giocati tra i grigi e gli azzurri, si alzano all’improvviso accesi da un graffio rosa o da una macchia rossa o ocra che appare come una ferita. L’intento di raccontare e di raccontarsi è rivelato dalle parole che appaiono di tanto in tanto, come una sovrimpressione, quasi a voler mettere un po’ di logica nel tumulto tempestoso del caos. Caos che in alcuni lavori raggiunge esiti squisitamente astratti. Un gesto più misurato – sebbene altrettanto fortemente sentito – è quello che si legge nelle opere di Luigi Bianchini. Il suo grido si rapprende in lavori di grandissima eleganza esecutiva in cui la materia appare accartocciata e poi lisciata, come in un gesto di inutile pentimento. Qualcosa di umano e di carnale pervade queste opere, astratte ma gremite di riferimenti figurativi, che fanno pensare a lastre radiografiche o, talvolta, a corpi abbandonati alla decomposizione. Altre volte, tuttavia, l’artista si concede a una luminosità più diffusa, a un vago senso di ottimismo. Allora le sue visioni assomigliano a fotografie aeree del mare, oppure di cime innevate di innaturale, splendente purezza.
Alessandra Redaelli