Riccardo Romigioli – Ritratti dell’anima
a cura di Alessandra Redaelli 2 maggio – 15 giugno 2019
Riccardo Romigioli è uomo del nostro tempo, non solo agli antipodi rispetto a Messerschmidt per indole e carattere – nella sua risolta solarità – ma anche uomo che ha vissuto tutta l’arte del Novecento, dalle avanguardie alla Pop Art; arte scritta anche alla luce di quella che è stata la lunga epopea della psicanalisi da Freud a Jung e Lacan. Romigioli non vuole fare scultura satirica, men che meno satira politica come era nelle intenzioni di Daumier. E nemmeno gli interessa uno studio ossessivo sulle espressioni facciali. Tuttavia è proprio attraverso quelle, e con gli strumenti che questi artisti del passato hanno sperimentato, che arriva alla sua ironica e delicatissima galleria di ritratti psicologici. Se vogliamo, il punto di partenza è esattamente l’opposto rispetto a quello dei suoi due illustri precedenti. Non la somiglianza di un re tirannico o di un politico, e nemmeno la manifestazione del dolore. Il suo punto di partenza è l’urgenza del gesto creativo, così come è stato dalle avanguardie in poi – basti pensare a Jackson Pollock che si accanisce sulla tela gettata a terra o a Georg Baselitz che delinea le sue figure in furiosi colpi di pennello. Ma Riccardo Romigioli è un uomo avvezzo all’arte classica, alla bellezza, all’antico, alla grazia dell’armonia. Ecco che allora l’urgenza del gesto si lascia domare da un’innata padronanza della materia nel delineare una galleria di personaggi definiti, ma ricchi di sfumature psicologiche; identificati da un titolo che ci guida alla scoperta del soggetto. Il clown Carmelo è definito solo dal nome, ma a noi è chiaro fin da subito che si tratta di un bonaccione; esattamente come Rodolfo è un sognatore, un inguaribile romantico. Le guance scavate e l’espressione pensierosa aggiungono dettagli a un titolo che dice già moltissimo, Antica nobiltà; mentre Pisellino, non deve il suo ironico appellativo solo all’incarnato verdognolo: forse quello è lo spunto più evidente, ma lui è soprattutto un ragazzino timido, un po’ introverso, che ama stare per conto proprio e che forse si è guadagnato questo benevolo soprannome per quel suo carattere schivo. Si tratta di opere che vanno guardate prima con gli occhi dell’emozione, che vanno “incontrate” in un gioco di sguardi, e magari solo in un secondo momento associate a un titolo. Perché possiedono una capacità comunicativa che va oltre la definizione e che ci parla dritto al cuore, scatenando un riconoscimento immediato, una familiarità. Se l’espressione indagatrice e i capelli che salgono quasi a formare due corna attribuiscono all’Implacabile una sorta di crudeltà che si potrebbe assimilare all’intento caricaturale di Daumier, opere come Pazzo per la musica (dove l’uomo porta un violino proprio in cima alla testa) o Lo sparaballe (con quel naso a forma di tubo) rivelano tutta la grazia ironica squisitamente pop che Riccardo Romigioli sa dosare con sapienza nel suo lavoro. Figlia di una gioia di vivere che non è mai miopia verso la realtà di un mondo a tratti ostile, ma piuttosto la profonda saggezza di chi sa trovare nel sorriso la chiave per arrivare alla verità.